Lo scorso anno si è avvicinato a piccoli passi alla prima squadra, arrivando a provare l’emozione dell’esordio in serie D e toccando con mano il calcio “vero”, scendendo in campo contro squadre contro Nocerina e Madrepietra. In questa stagione è entrato in pianta stabile a far parte del gruppo di mister Granieri, e si sta mettendo alla prova sul palcoscenico del campionato di Eccellenza. Un bel traguardo, per un ragazzo cresciuto in casa Città di Ciampino, che indossa questa maglia fin da quando il campo del Superga era in terra e i massimi campionati dilettantistici solo un miraggio o un sogno da tenere ben stretto nel cassetto. Lorenzo Angi è l’emblema del City-pensiero: è lui la dimostrazione tangibile che con passione e tenacia si può arrivare tra i grandi, e che per farlo la cosa fondamentale è lavorare duro.

Lorenzo, partiamo dallo scorso anno e dal tuo esordio in serie D. Che emozione hai provato?

È stata un’emozione molto forte, perché giocare con persone molto più grandi di te è difficile ma anche bello. Quando il mister mi ha detto che sarei sceso in campo e avrei esordito in D inizialmente ho provato un po’ di timore, di paura di non essere all’altezza, ma appena entrato nel rettangolo di gioco è passata in un attimo e credo di aver giocato con tranquillità.

In questa stagione, poi, ti stai confrontando con il campionato di Eccellenza.

Quest’anno sto trovando parecchio spazio, anche grazie alla fiducia che mister Granieri ha dimostrato di riporre in me. Sono molto contento di come stanno andando le cose e del tipo di rapporto che si è instaurato con i miei compagni, il nostro è veramente un bel gruppo.

Per te è un po’ il coronamento di un percorso iniziato ormai tanti anni fa, visto che sei a Ciampino praticamente da sempre.

È vero: ho iniziato al Morena, insieme a Claudio Peroni che oggi è il responsabile della scuola calcio. Quando si spostò a Ciampino, io decisi di seguirlo insieme ad alcuni compagni di squadra. Anno dopo anno questi amici hanno lasciato o si sono spostati altrove, io invece sono rimasto qui: ho fatto tutta la trafila del settore giovanile fino ad arrivare, appunto, alla prima squadra.

Nonostante tutti questi anni di esperienza maturata, oggi in campo sei tra i più giovani, e nel tuo ruolo hai la possibilità di imparare da maestri come Carnevali e Martinelli.

Tutti i grandi ci aiutano molto e si impegnano per farci crescere. Anche per questo io cerco sempre di lavorare sodo e di dare il massimo, per ripagarli sul campo e ringraziarli per quello che fanno per noi giovani.

Qual è l’insegnamento più importante che pensi di aver appreso da loro?

Prima di tutto ho imparato che per stare in questo mondo bisogna portare rispetto. In secondo luogo, che devo mettere la giusta cattiveria in tutto quello che faccio.

Cosa vorresti rubargli?

A Citro e Martinelli la corsa e la cattiveria con cui affrontano ogni gara, a Tiziano ruberei i piedi.

Anche perché per quanto riguarda la corsa…

Piuttosto mi tengo la mia!

Quando hai iniziato a giocare credevi che il calcio sarebbe stata la tua strada?

A quel tempo era un gioco e lo è anche ora, anche se molto più serio. Io lo vivo come un divertimento, come un piacere, intanto frequento l’ultimo anno dell’Istituto Agrario e sto valutando di iscrivermi all’Università. Spero di continuare con il calcio ma tengo sempre la testa sulle spalle, so che lo studio è fondamentale e tutto questo grazie all’educazione che mi hanno dato i miei genitori. Mi hanno sempre sostenuto e affiancato in tutte le scelte che ho fatto, consigliandomi quando sbagliavo senza però mai impormi la loro visione delle cose. È soprattutto grazie alla mia famiglia se oggi sono quello che sono, mi hanno sempre lasciato libero di scegliere anche per quello che riguarda il calcio: mio padre avrebbe preferito che facessi rugby, ma anche in quel caso ho avuto la meglio io!

La tua caratteristica migliore in campo?

La fase difensiva, credo di cavarmela piuttosto bene sui colpi di testa ma in generale preferisco sempre fare le cose semplici, senza inventarmi niente.

Oltre che giocarlo, il calcio ami anche guardarlo?

Sì, molto. Sono tifoso della Roma e la seguo ogni volta che posso.

Giocatore preferito?

Manolas.

Messi o Ronaldo?

Messi, senza dubbio.

Al di fuori del calcio cosa ti piace fare?

Sono un ragazzo molto tranquillo, amo trascorrere il mio tempo con gli amici e con la mia fidanzata Beatrice. Stiamo insieme da un anno e mezzo ormai, anche se ci conosciamo fin dai tempi della prima media. Per un periodo ci siamo persi di vista ma ora ci siamo ritrovati e stiamo molto bene insieme.

Quale era il tuo sogno da bambino?

Come tutti i bambini che giocano a calcio era quello di arrivare il più lontano possibile nel mondo del calcio. Se allora sognavo la serie A, oggi più semplicemente spero di arrivare il più lontano possibile perché questo sport mi da tante soddisfazioni e tante gioie. Non faccio programmi e non mi pongo obiettivi, vediamo dove mi porterà questa strada perché io sono pronto a seguirla.

Tra dieci anni come ti vedi?

Avrò 28 anni quindi spero di giocare ancora, ma soprattutto di avere un lavoro che mi mantenga e mi permetta di togliermi delle soddisfazioni.

Hai mai pensato di smettere?

Sì, ma poi mi sono chiesto cosa avrei potuto fare senza calcio. Avrei avuto più tempo per me, ma la verità è che il tempo occupato venendo qui al campo è ben speso perché mi diverto, ho la possibilità di crescere, e per di più allenarmi e giocare è sempre una gioia. Sicuramente implica delle rinunce, e per un ragazzo di 18 anni è difficile, ma questa è la vita ‘da calciatore’ e sono convinto che anche trattandosi di dilettantismo alcune regole vadano seguite.

Che obiettivi ti poni per questa stagione?

Speriamo di toglierci tante soddisfazioni a livello personale e collettivo, e di arrivare il più in alto possibile in campionato e in coppa. Sarebbe il modo giusto per dire grazie ad una società che per me è come una seconda famiglia.

A proposito, chi ti senti di ringraziare?

Intanto, ripeto, a tutta la dirigenza del Città di Ciampino, a partire dai presidenti Cececotto e Fortuna che mi hanno accolto come se fossi un figlio. Ai direttori che sono passati, partendo da Vichi per arrivare a Moroncelli; a tutti gli allenatori che mi hanno allenato portandomi addirittura ad esordire in prima squadra, ai compagni che nel corso degli anni mi hanno aiutato e sostenuto. E poi alla mia famiglia, che è sempre stata fondamentale per me, compresa la piccola Regina. È la mia sorellastra, ha dodici anni ed è praticamente innamorata di me: quando viene a vedere le partite mi cerca per salutarmi ed io spesso faccio finta di niente perché mi imbarazzo. Magari ci sarà rimasta male, quindi approfitto di questa intervista per farmi perdonare!