Continuiamo il nostro viaggio “dietro le quinte” del Città di Ciampino andando a conoscere meglio una vera e propria istituzione del club aeroportuale, il massaggiatore Stefano Cavalaglio. Che al City è arrivato addirittura prima del presidente Cececotto! “È proprio così”, racconta. “Io sono qui dal lontano 2009 mentre il presidente ha preso il timone di questa società solo l’anno successivo. A quel tempo qui non c’era praticamente nulla, e ogni tanto ci ritroviamo a ricordare quei giorni: non avevamo a disposizione una sala per i messaggi, e per lavorare mi appoggiavo nel bagno sotto la tribuna centrale. Entrava un giocatore alla volta, perché per due non c’era proprio spazio! Ne abbiamo fatta di strada da allora…”.

Ma come sei arrivato al Città di Ciampino?

“Diciamo che prima di arrivare qui ho sempre lavorato nei paraggi, anche perché abito a Ciampino ed è stato naturale collaborare con gli sportivi del posto. Per 12 stagioni ho fatto il massaggiatore in serie A di calcio a 5 con il Ciampino di Adriano Ventucci. Erano gli anni d’oro di questo sport, i ragazzi erano tutti Nazionali: era gente forte, che guadagnava soldi veri, ma un giorno Ventucci ha scelto di cambiare ed ha rilevato il Ciampino Calcio. Così ci siamo trasferiti al Fuso, l’altro impianto ciampinese, dove abbiamo fatto 4 anni di cui tre alla grande. Siamo arrivati in finale scudetto di Eccellenza con il Budoni, abbiamo perso e ci siamo visti sfuggire l’occasione per salire in D. Avevamo grandi giocatori come Pirillo, Turazza, Di Donato, Iannotti, Roberti in porta, riempivamo la tribuna tutte le domeniche. Poi Ventucci se n’è andato e io mi sono ritrovato qui: Giuseppe Paci e Michele Mastroianni mi conoscevano e mi hanno chiesto di venire a dargli una mano, così sono arrivato al Superga e… ci sono rimasto!”.

E dall’arrivo del presidente Cececotto ne avete collezionate parecchie di vittorie! Qual è quella che ricordi con più trasporto?

“Ce ne sono state tante, siamo partiti dalla prima categoria per arrivare fino in serie D e questa per me è diventata una vera famiglia! L’emozione più grande che ho vissuto è stata quella del passaggio dalla Promozione all’Eccellenza: l’ho sentita in maniera più forte rispetto alla conquista della serie D, perché mentre l’Eccellenza e la D sono due campionati tutto sommato simili, il salto dalla Promozione è veramente epocale. Si inizia a respirare l’aria del calcio vero, ad avere a che fare con giocatori di un certo livello, ad affrontare sfide sempre più importanti. Il rammarico più grande ad oggi resta quello di non essere riusciti a vincere la Coppa Italia, che anche in questa stagione ci ha lasciato con l’amaro in bocca”.

Prima di diventare massaggiatore, hai anche giocato a calcio?

“Sì, fino alla Juniores, sempre con il Ciampino. Ricordo una finale Allievi contro la Cynthia in cui ci portarono a giocare su un campo d’erba perfetto, noi abituati alla pozzolana, loro belli fighetti e pettinati, noi sporchi e con gli scarpini di plastica. Beh, vincemmo noi, e come premio ci portarono a mangiare in un ristorante che si chiamava Il Cancellone, con la presenza straordinaria di Picchio De Sisti. Giocavo come stopper e libero, ruoli che non ci sono nemmeno più… Parliamo del 73-74, una vita fa, ma restano comunque dei bei ricordi”.

E oggi eccoti qui. Dopo tanti anni mantieni ancora la stessa passione?

“Assolutamente sì. Io vengo qui ogni giorno con il sorriso perché amo il mio lavoro, anche perché se così non fosse non lo farei. Con il presidente Cececotto ho un rapporto di stima reciproca, rispetto e affetto. Lui mi ha sempre trattato bene anche perché credo di essere sempre stato corretto nei suoi confronti: vengo qui per lavorare e lo faccio con la massima professionalità, anche se di professione sono un tecnico radiologo. Amo quello che faccio e soprattutto mi piace stare in mezzo ai ragazzi: hanno la testa piena di entusiasmo e questo mi dà una nuova spinta, questi ragazzi mi rinfrescano la mente”.

Ti è mai capitato di mandare in campo un giocatore pur sapendo che non era il caso?

“Si, ma sempre con la coscienza mia e dell’allenatore. Con il mister deve esserci sempre un rapporto di complicità perché un massaggiatore può essere di aiuto quando bisogna fare delle scelte, se si ha bisogno di mandare in campo un giocatore o magari c’è necessità di tenerlo fuori, per questo è fondamentale vivere la quotidianità del campo. Il fisioterapista deve collaborare al meglio con tutto lo staff, in primo luogo con il preparatore atletico, perché quando un ragazzo esce da qui dopo essere stato curato deve fare un ricondizionamento atletico e seguire un lavoro specifico. Io con Peppe Porcella ho un rapporto splendido, proprio come con mister Granieri, che mi ascolta e si confronta spesso con me. Abbiamo messo in campo gente  che rischiava di rompersi da un minuto all’altro o recuperato giocatori che sembrava non fossero in condizione, proprio perché abbiamo remato nella stessa direzione”

A questo punto irrompe Enrico Citro, che quando si accorge del microfono esclama ridendo: “diglielo, che qui c’è gente che gioca con una frattura e altri che si fermano per una botta!”. Cavalaglio sorride e commenta così: 

“Questi sono i giocatori dei quali ho paura, perché qui non li vedi mai, non si fanno trattare nemmeno se hanno un dolore. È vero, ci sono anche quelli che si fermano per ogni minimo doloretto, ma devo dire che quest’anno non ne abbiamo molti…”.

Però c’è un problema: rispetto agli ultimi anni, su questo lettino inizia a vedersi spesso un certo Tiziano Carnevali. Che succede, è arrivata davvero l’ora di smettere?

“Inizio a pensare di sì (ride, ndr). La realtà è che lui dovrebbe curare più degli altri la sua condizione fisica visto che si avvicina agli anta, ma non ce la fa. Lui è un grande campione, e in campo ci tiene a dare sempre il massimo. Io lo sfotto spesso, dicendo che si fa male quando fa la cucchiarella… Hai presente quel piedino che mette lui quando fa il lancione? Ecco, proprio quello. In questi giorni stiamo lavorando per curare questa distrazione muscolare, sperando di recuperarlo il prima possibile”.

Quali obiettivi hai per questa stagione?

“Io alla salvezza tranquilla non ci credo, perché conosco i presidenti Cececotto e Fortuna e so che per loro a dicembre inizia sempre un altro campionato. La squadra punta sempre a vincere ed è giusto che sia così: un campionato senza alcuna competitività non ha senso, cambiano i ritmi, si modifica il lavoro di tutti perché non ci sono pressioni. Personalmente mi auguro di arrivare fino in fondo, i conti si fanno alla fine”.

Qual è il giocatore a cui sei più affezionato?

“Ce ne sono stati molti, ma su tutti dico Enrico Citro”.

Bene. Mandagli un messaggio a distanza.

“Gli auguro un grandissimo bene, gli è nata una bimba e se la meritava proprio una femminuccia: lo migliorerà tanto anche se è già una grande persona. Se hai bisogno stai certo che lui si toglie quello che ha per darlo a te. Insomma, è una persona a cui voglio bene a pelle, e il mio messaggio non può che essere questo: ti voglio bene Enrico”.