In estate è arrivato al Città di Ciampino senza troppi clamori, e in pochi si sarebbero aspettati che diventasse in poco tempo uno dei perni del City di Granieri. Perché quelli come lui viaggiano a fari spenti, e preferiscono che a parlare siano i fatti. Ed è con il duro lavoro e con l’applicazione continua che Marco Mastrandrea ha conquistato la fiducia dell’allenatore e dell’intero ambiente, che oggi sente di aver trovato il giusto compagno per Enrico Citro in mezzo al campo.

Arrivato da gregario, oggi sei uno dei protagonisti di questa squadra. Cosa hai dato per arrivare a questo traguardo?

“Semplicemente, ho dato il massimo. Sono arrivato in ritardo, quando il ritiro era già iniziato da un po’, ed ho faticato a trovare spazio perché gli elementi erano validi e il mister non mi conosceva, come io non conoscevo lui. Non appena mi è capitata la possibilità di giocare, però, l’ho sfruttata al meglio e da quel momento non sono più uscito, un po’ per meriti miei è un po’ anche perché si sono incastrati altri fattori. Oggi sono felice di quello che sto facendo, e spero di continuare”.

Qui a Ciampino si è da sempre abituati a vedere correre in mezzo al campo un certo Enrico Citro, e in pochi si aspettavano che potesse trovare un degno compagno di reparto con le sue stesse caratteristiche…

“Con Enrico ho instaurato fin da subito un bel rapporto anche se non ci conoscevamo. Ad essere più precisi, quando sono arrivato qui non conoscevo proprio nessuno, credo che sia la prima volta che mi capita una cosa del genere! Piano piano ho legato con tutti ma con Citro in particolare: in campo ricopriamo più o meno lo stesso ruolo e puntiamo prima di tutto ad aiutare la squadra, sacrificandoci e mettendoci a disposizione. Lui per me è un modello a cui ispirarmi: mi era capitato di giocarci contro ma solo allenandomi con lui ho capito veramente chi è”.

Sicuramente lui, come te, è uno che non si risparmia mai.

“È il nostro modo di fare in mezzo al campo, quello che poi ci porta ad essere così anche nella vita di tutti i giorni: finché abbiamo qualcosa da dare non ci fermiamo. Possiamo sbagliare, è ovvio, ma non ci risparmiamo mai. Ad entrambi è capitato anche di giocare in condizioni non ottimali, ma se serve per aiutare la squadra non ci tiriamo indietro”.

Riavvolgiamo il nastro, dove hai iniziato a giocare? 

“Io abito qui a Ciampino e ho iniziato da piccolo proprio nella Polisportiva Ciampino, l’altra squadra della città. Crescendo sono stato alla Tor Tre Teste e nelle giovanili del Tor Sapienza, per poi tornare al Ciampino: avevo sedici anni e mezzo ma sono passato direttamente in prima squadra. In seguito ho vestito la maglia del Marino ed ora eccomi qua, con un po’ di ritardo visto che la società mi aveva cercato anche in passato. Ma, come si dice, meglio tardi che mai!”.

Sei di Ciampino e non è un caso che sugli spalti tua madre sia una delle prime sostenitrici del City, spesso accompagnata da tua sorella Angela…

“Mia madre mi ha sempre seguito ovunque, è una grande appassionata di calcio e ci tiene a sostenermi. Viene anche in trasferta, è la mia prima tifosa… O forse l’unica! (ride)”.

Ci capisce qualcosa o ti sostiene a scatola chiusa? La regola del fuorigioco la sa?

“Capisce, capisce, con gli anni si è appassionata sempre di più ex è diventata competente! Mia sorella viene quando può, perché anche mio nipote gioca: fino allo scorso anno giocava proprio qui al Superga, mentre ora si è spostato altrove”.

Fuori dal campo chi è Marco Mastrandrea?

“Quest’anno finirò gli studi e mi laureerò in Economia all’Università di Tor Vergata. Principalmente mi dedico al pallone e quest’anno ho iniziato a fare anche l’istruttore dei bambini della scuola calcio qui al City. Sono fidanzato con Francesca, che mi sopporta da ben sei anni. Quando ci siamo messi insieme eravamo proprio dei ragazzini, soprattutto lei che ha qualche anno in meno di me: non è una grande appassionata di calcio, ma quando può mi segue e tifa per me”.

Perché la scelta di frequentare Economia?

“Finito il liceo mi sono guardato intorno e ho creduto che fosse la facoltà più adatta a me, in prospettiva di un lavoro futuro. Se sono bravo? Beh, diciamo che anche all’università ho iniziato a fari spenti… Sono venuto fuori alla lunga, evidentemente sono un diesel! Però ora le cose vanno bene, in estate mi laureerò e per me sarà sicuramente un bel traguardo”.

Quindi sei il perfetto bravo ragazzo!

“Mettiamola così: cerco di rigare dritto!”

Ci parli di questa nuova esperienza con i bambini?

“È iniziata quasi per caso: a novembre Stefano Martinelli, che è responsabile di fascia per i 2007, mi disse che serviva un nuovo istruttore e mi chiese se avessi voglia di provare ad allenare; io ho accettato e così è partito tutto, quasi per gioco. Con il tempo, però, ho iniziato ad affezionarmi ai bambini, ad appassionarmi, e anche loro si sono legati a me: giocando in prima squadra mi prendono come modello, ed è sicuramente una bella responsabilità. Si è creato un bel rapporto con tutti loro, anche se spesso mi fanno dannare: per questioni tecniche, sarebbe il minimo, ma per motivi caratteriali. Quando stanno tutti insieme non si riesce a tenerli fermi, ma alla loro età è anche normale che si divertano”.

Cosa cerchi di insegnargli?

“Dico loro di divertirsi e di impegnarsi perché è vero che il calcio è un gioco, ma è pur vero che iniziano ad essere abbastanza grandini e il risultato assume un minimo di importanza. Nella scuola calcio non è fondamentale, ma a nessuno piace perdere: loro devono mettere in campo tutto quello che hanno; fatto questo, se si perde si stringe la mano all’avversario perché è stato più bravo di noi, ma si ha la coscienza pulita perché sì è dato tutto. Sono molto contento di come mi seguono”.

Ti ci vedi da grande a fare l’allenatore?

“Non lo so, perché non so cosa mi riserverà il futuro. Oggi non lavoro quindi ho parecchio tempo libero da dedicare alla scuola calcio; in futuro però credo e spero che le cose cambieranno, perché mi auguro di trovare un lavoro che mi permetta di realizzarmi. Se combaceranno gli orari mi farebbe piacere continuare, ma si vedrà”.

Che farai tra una decina d’anni?

“Difficile prevederlo! Spero di trovare un buon lavoro che mi permetta di mettere a frutto gli studi, anche se non disdegnerò alcun impiego. Spero di stare ancora con Francesca, ma non riesco a guardare così lontano!”.

Cambiamo domanda allora, che farai tra due anni?

“Spero di continuare a giocare perché mi piace e amo vivere la quotidianità del calcio con i compagni. Per il resto, vale tutto quello che ho detto nella risposta precedente!”.

C’è un allenatore che ha contato più degli altri per te?

“A livello di settore giovanile, Marco Iacobucci è stato fondamentale perché mi ha cambiato ruolo. In precedenza infatti giocavo come esterno, con lo sviluppo le mie caratteristiche fisiche sono cambiate e lui ritenuto opportuno spostarmi a centrocampo. Inizialmente non sono stato per niente felice, ma con il senno di poi devo dargli ragione perché non mi sono più mosso da lì. Poi i primi mister che ho avuto in prima squadra a Ciampino, Vulpiani e Carletti: mi hanno insegnato tanto, perché non avendo fatto nemmeno la Juniores venivo da un salto di categoria sicuramente importante.

Ogni allenatore, però, mi ha dato qualcosa: mi trovo benissimo con il mister Granieri, un tecnico giovane ma molto preparato che si relaziona benissimo con tutti i giocatori della rosa. In passato mi è capitato di avere a che fare con allenatori che interagivano solo con i grandi mettendo ai margini i più giovani. Ecco, il nostro attuale mister non è uno di loro! Ascolta tutti, e questo contribuisce a compattare il gruppo. Mi ha dato l’opportunità di giocare e io credo di averla sfruttata al meglio: ogni tanto mi fa una battuta dicendomi che piuttosto che salutarlo dovrei dirgli grazie, sicuramente è vero ma un po’ del mio credo di avercelo messo!”.

I presidenti e il DG, invece, li conoscevi già?

“Conoscevo in parte il presidente Cececotto proprio perché mio cugino giocava qui e mi è capitato di venire al Superga in occasione di sue partite o feste di compleanno. Poi in passato ho affrontato il Città di Ciampino da avversario, ma solo venendo qui ho conosciuto tutti nel modo giusto. Lo stesso discorso vale per il direttore Moroncelli; considerando che sono arrivato qui a preparazione iniziata, quando il gruppo iniziava a formarsi, mi è sembrato di vivere il primo giorno in una nuova scuola! Ci è voluto poco però per integrarmi al meglio: ho legato con tutti, siamo un bel gruppo di giovani, in cui i più grandi sembrano perfino più giovani di noi per quanto sono matti! Io ho legato in modo particolare con Citro e Porcacchia, ma anche con Martinelli visto che facciamo gli istruttori insieme e lo vedo più di mia madre ormai! Ma non dimentichiamo il mago Silva, insomma ho un buon rapporto con tutti”.

Che obiettivi hai per questo finale di stagione?

“Nel girone di ritorno abbiamo un po’ rallentato, ma tutto considerato ci può stare. Spero di riprendere il cammino intrapreso e di continuare a fare bene: parlare salvezza a questo punto del campionato è quasi grottesco, perché il distacco dalle zone calde è molto netto: il nostro obiettivo deve essere quello di fare più punti possibile, poi si vedrà. A livello personale spero di continuare così e di dare il mio contributo. Per il resto, posso semplicemente dire che sono contento”.

A chi ti senti di dire grazie?

“A chi mi ha voluto qui, al mister che mi ha fatto giocare, ai miei compagni, e pure a me stesso perché per me venire qui è stata una scommessa. Quando vai a parlare con una squadra, nessuno ti dice che farai panchina, ma sapevo che venendo qui non sarei partito tra i titolari. Ero consapevole che avrei dovuto confrontarmi con giocatori bravi e più esperti, ma ho voluto provarci. Ecco, ad oggi sembra che la scommessa possa dirsi vinta!”.