Quando parla di se stesso e del suo ruolo di istruttore di scuola calcio si definisce “una macchinetta”, e non si potrebbe trovare un termine più adatto per descrivere Stefano Martinelli. Perché lui parla, parla, parla: che sia in campo durante una partita, in allenamento, al bar o, appunto, in panchina ad insegnare calcio ai suoi bambini. Stefano è un vero e proprio vulcano, un moto perpetuo, perché anche mentre parla lui non si ferma un secondo. Sarà per questo che il Città di Ciampino non può più fare a meno di lui, negli anni divenuto un vero e proprio simbolo di questo City operaio che ha fatto dell’unità del gruppo la sua forza, e che ha trovato in Martinelli uno dei suoi leader. Uno che in questa squadra ha sempre creduto e continua a credere: “Se mi aspettavo di essere tra le prime a questo punto della stagione? Assolutamente sì, anzi sono convinto che avremmo potuto essere ancora più in alto! Questa squadra scendeva dalla serie D, e sei undicesimi dei suoi componenti (io, Carnevali, Citro, Moisa, Pedrocchi e Peri) appena due anni fa avevano stravinto il campionato di Eccellenza. Per quale motivo non avremmo dovuto far bene quest’anno? Perché avremmo dovuto sentirci inferiore a Ladispoli, CreCas, Unipomezia e via dicendo? L’unica cosa che ci differenzia da loro è che abbiamo una rosa più corta, che invece di avere 11 grandi ne abbiamo 7, ma questi 7 io non li cambierei con nessuno”.

C’è una partita che vorresti rigiocare?

“Quella di Ladispoli. Ho ricevuto un’espulsione assurda, la peggiore della mia carriera a pari merito con quella di due anni fa contro l’Artena”.

Oggi in molti parlano dei rigori dei quali ha beneficiato il City, ma la realtà è che alcuni arbitraggi sono stati discutibili…

“Quando giochi per 70 minuti nell’area avversaria ci sta che si subiscano dei falli e che arrivino dei calci di rigore. Di certo qui a Ciampino non abbiamo mai avuto favoritismi, anzi in più di un’occasione ci siamo trovati a sopportare arbitraggi scandalosi, come quello di Coppa nella gara di ritorno contro la Virtus Nettuno Lido o quello di Ladispoli, appunto. Ma non ha senso tornarci su, anche perché abbiamo sempre alzato la testa e guardato avanti”.

Quest’anno la società ha parlato di salvezza tranquilla, ma a ben guardare la realtà è che in questa squadra ci sono troppi elementi che a perdere non ci stanno proprio.

“È vero, e io sono il numero uno dei rosiconi! Come detto, siamo un po’ limitati numericamente, ma continuiamo a fare le nostre partite con l’obiettivo preciso di provare a vincerle”.

Passando al “gossip”, lo scorso anno hai raccontato di aver fatto un patto con Carnevali: appena deciderà di smettere con il calcio giocato, sarai autorizzato a rompergli una gamba. A quanto pare, niente da fare…

“Eh no, ma mi tengo pronto!”.

Lo sai vero che sarà lui ad organizzare il tuo addio al calcio…

“Probabile, quello non molla! Scherzi a parte, Tiziano è il nostro Highlander, uno dei punti di forza di questo gruppo”.

Quali sono gli altri?

“Sicuramente la nostra forza è nel gruppo. Nonostante la rosa sia corta, remiamo tutti nella stessa direzione aiutandoci a vicenda: questa è sempre stata una nostra prerogativa qui a Ciampino, anche perché noi grandi ci siamo messi al servizio dei giovani, senza far mai pesare la nostra età o la nostra esperienza se non per metterla a loro disposizione. Tutti i componenti della rosa sono ugualmente importanti, e se devo dire una cosa a Tiziano o a un under per me è uguale, la dico allo stesso modo. Dall’altro lato, i giovani ci ascoltano e ci seguono dimostrando prima di tutto di essere ragazzi intelligenti che si mettono a disposizione del collettivo, riuscendo a trarre il meglio da ognuno di noi”.

Uno di loro, Lorenzo Angi, in una recente intervista ha detto che a te ruberebbe la corsa e la cattiveria, le tue caratteristiche più evidenti. Ma c’è una qualità che avresti voluto avere?

“No, assolutamente: ognuno di noi deve fare tesoro delle qualità che possiede, nel mio caso il carattere, la grinta e la corsa, e fare di esse il proprio punto di forza”.

Pensi di scontare in qualche modo questa tua fama di “cattivo”?

“Per anni da presidenti e direttori sono stato considerato come il matto del calcio laziale, ma chi mi giudica un ‘matto’ non mi conosce: io mi sono sempre privato di tutto per fare una vita da ‘calciatore’, non sono mai andato a ballare, non mi sono mai concesso stravizi, ho sempre mantenuto un’alimentazione corretta. Ho affrontato il dilettantismo come se fosse la mia serie A, perché in quello che faccio provo sempre ad essere il numero uno”.

Credi che l’obiettivo salvezza fissato in estate sia già raggiunto?

“È un campionato talmente strano che bastano due vittorie consecutive per arrivare in alto, ma con due sconfitte sprofondi nel baratro. Per quanto mi riguarda, altro che salvezza: finché la matematica non mi condannerà dicendo che non posso vincere il campionato, punterò sempre alla vittoria finale. Siamo una squadra giovane e in molti non si rendono conto di potercela fare, ma anche se la società parla di obiettivo salvezza, io nello spogliatoio sprono i miei compagni a scendere in campo per conquistare l’intera posta in palio”.

Cosa ti aspetti per quest’anno?

“Esattamente quello che ho detto: voglio vincere. Provandoci in ogni modo, con le unghie e con i denti, anche perché cerchiamo un riscatto dopo la scorsa stagione. È stata un’annata disgraziata, e credo che riaffrontandola altre dieci volte difficilmente le cose andrebbero di nuovo così. Quindi se mi chiedi cosa spero, rispondo che spero di mettermi una nuova maglietta celebrativa a fine stagione. Già me l’immagino: ‘Ma che stai a Dì?’”

A livello personale, invece, che obiettivi hai?

Voglio smettere prima possibile.

Eccone un altro… Stai a vedere che alla fine smetti prima tu di Carnevali!

“Sicuramente! Io voglio passare dall’altra parte, voglio allenare! Sono ancora confuso e non so se con i giovani o con i grandi, perché devo prima capire dove posso dare il massimo: avendo un carattere vulcanico delle volte devo reprimere la mia impulsività”.

Parlando di carattere, pensi di essere cambiato negli ultimi anni?

“Sì, e basta contare i falli che faccio ogni partita, o le ammonizioni che ho preso finora per rendersene conto. Con i bambini, però, non sono mai stato una persona cruda: cerco di essere razionale e di trasformare la mia grinta in altro. Sono una macchinetta, in panchina non mi fermo mai: giro, appoggio, verticale, non sto mai zitto, e mi rendo conto che il mio tono di voce carica i bambini, li spinge a dare di più”.

Nella scuola calcio conta il risultato?

“No. Io non devo costruire risultati ma formare giocatori”.

Mentre in prima squadra…

“In quel caso è l’unica cosa che conta! Ai bravi ragazzi al massimo facciamo sposare le nostre figlie!”.

Ecco, già stai pensando al marito per Rachele…

“Non scherziamo, mia figlia non si tocca! Già lo so che sarà un’agonia, perché è bellissima! Ha da poco compiuto due anni ed è innamorata di me, appena mia moglie si avvicina lei la guarda e le dice ‘via, è mio!’. Appunto, e lei è mia! Comunque è incredibile: noi possessivi mettiamo al mondo solo donne… Io, Carnevali, il direttore, ora anche Citro. Già me la immagino la piccola di Enrico: verrà al campo a scalciare e ringhiare contro tutti, proprio come il padre! Già promette bene: piccoletta, scura in volto, la nostra Citrosodina!”.

Già che lo hai nominato, non posso non cogliere l’assist: il siparietto tra te e il DG Moroncelli durante la gara con l’Astrea, con lui che ti rimprovera dalla tribuna e tu che ti offendi chiedendo il cambio, ha fatto sorridere molti, mentre chi non vi conosce ha gridato allo scandalo!

“Io e Giordano siamo insieme da una vita, è ora che ci separiamo perché non lo sopporto più! Scherzi a parte, siamo come fratelli con il carattere identico: due impulsivi, due con il carattere forte…”.

Inutile cercare di girarci intorno, siete due coatti!

“Esatto, siamo due coatti! (Ride). Ovviamente sul lavoro lui è il direttore e io gli porto rispetto, ma al di fuori siamo grandi amici. La sera della gara contro l’Astrea eravamo a cena insieme, a ridere di quello che era successo!”.

Ora una domanda difficile. Chi rivorresti in squadra dell’anno dell’Eccellenza? Puoi sceglierne solo uno.

“Uno è impossibile, ne voglio tre”.

Così è troppo facile: Macciocca, Panella o Tornatore, rigorosamente in ordine alfabetico. Ma devi sceglierne uno.

“Mi prendo quel cane di Panella, anche per questioni logistiche. Lollo Macciocca lavora e abita a Piglio, Tornatore merita la serie D e deve divertirsi. Invece Panella abita a Genzano, la moglie è la nostra prima tifosa, e qui starebbe benissimo. Senza contare che uno con quel carattere non lo trovi facilmente: se al 30′ del primo tempo siamo in vantaggio di un gol e lui decide che la partita è finita, si mette il pallone sotto al braccio e non si gioca più!”.

Ma il mercato è chiuso… Se ne parlerà la prossima stagione!